sabato 3 marzo 2012

WHO IS Stefano Pedretti - La distanza colmabile tra art direction e fotografia pubblicitaria

Da inconcludente cronico a free lance camaleontico. Stefano Pedretti passando prima per l'architettura, per la grafica e l'art direction approda alla fotografia con un bagaglio di esperienza visiva invidiabile. Oggi scatta le pubblicità dei maggiori brand italiani. Adora sporcarsi le mani, i lavori a "più teste" e a quattro mani. <<Non riesco a lavorare senza avere la passione per quello che faccio>>.
Foto diStefano Pedretti
Foto di Stefano Pedretti

















 
A che età hai preso in mano la macchina fotografica?
Tra la seconda e la terza media, da ragazzino, ma il costo dello sviluppo dei rullini era così alto che mi fece passare la voglia e abbandonai per qualche anno. Ho ripreso a fotografare quando hanno inventato le compatte. Sono così comode, potevi portarle in tasca. A volte penso che sia un paradosso che io sia diventato un fotografo perchè non ho quel tipo di background che accomuna i 'veri' fotografi e non ho mai passato molte ore in una camera oscura.

Foto di Stefano Pedretti
Il tuo percorso professionale è davvero variegato. Come sei saltato da un ruolo all'altro?
Sono iscritto alla facoltà Architettura dal 1994, quest'anno, per rendere ancora più movimentata la mia vita, ho deciso di laurearmi e per farlo devo 'solo' dedicarmi alla tesi. Ufficialmente ho lasciato l'università nel 1999, quando mi mancavano una decina di esami alla laurea. Ho continuato a dare qualche esame mentre lavoravo, fino ad oggi. Architettura è un corso di studi davvero interessante, peccato che sia contestualizzato nella pessima organizzazione de La Sapienza (vedi i dati a fondo pagina). In ogni caso durante gli anni dell'università ho conosciuto persone straordinarie, una classe di trenta studenti che passavano intere giornate insieme (la facoltà di Architettura prevede l'obbligo di frequenza) e che ora sono tutti architetti. E' stato con loro che il mio percorso professionale e di vita ha visto una prima deviazione: con un collega e amico dell'università ho iniziato a cimentarmi nella grafica e nell'art direction. 
 
 Ma l' art direction è uno sbocco professionale che un architetto può tenere in considerazione o è una branca troppo distante?
Bhè, è decisamente qualcosa di molto diverso. Io mi sono dato alla direzione artistica perchè come per un bambino che trova un giocattolo nuovo, la mia attenzione è stata catturata da questa 'nuova' disciplina. Ho scoperto la grafica, la comunicazione, ho iniziato a studiarle come autodidatta fino ad aprire uno studio con il mio amico dove svolgevamo lavori per privati e committenze medio-piccole. Dopo un anno come free lance sono stato assunto da Saatchi & Saatchi.
Foto di Stefano Pedretti (Stefano Pedretti è quello a destra)

Com'è stata l'esperienza da Saatchi & Saatchi?
Come un'altra università. Ho imparato come si lavora all'interno di una grande agenzia. L'esperienza è stata molto bella soprattutto perchè il team con cui lavoravo era fantastico.

Cosa ti piaceva del lavoro da art director in agenzia?
Mi piaceva sporcarmi le mani, giocare, gestire il processo creativo. Detestavo ricoprire ruoli manageriali perchè tutto questo non faceva più parte delle mie mansioni.

Foto di Stefano Pedretti
Da art director a fotografo. Come è successo?
Foto di Stefano Pedretti
 Il passaggio dall'architettura all' art direction è stato come quello successivo, dall'art direction alla fotografia. Sono materie diverse ma la distanza tra loro è colmabile. Non me la sento ancora di dire <<faccio il lavoro più bello del mondo>> ma sento che sto continuando il percorso professionale che mi porterà a fare quello che davvero mi piace. Per spiegare il mio modo di vivere e di sentire, in ambito professionale, uso sempre la similitudine di quando due persone si conoscono e si innamorano: nel primo periodo saranno iperattivi, iper-generosi, super-romantici, trasportati dalla passione e dalla curiosità. Poi inevitabilmente inizia un nuovo periodo in cui l'euforia finisce e, anche se tutto va bene, si inizia a sentire il peso delle cose e c'è bisogno di più impegno. Quando arrivo a questo punto vuol dire che mi sono stufato e che devo cambiare. Questo meccanismo mi appartiene fin dai tempi della scuola! Alla fine del quarto liceo ho mollato tutto e ho dato l'esame di maturità da privatista. Penso che quando si ha un obiettivo, la cosa più importante è ciò che si fa durante il percorso che ci avvicina a quell'obiettivo e penso anche che questa 'inconcludenza cronica' che mi accompagna da sempre sia il mio più grande motore: non riesco a lavorare senza avere la passione per quello che faccio.

Come ti vedi oggi?
Piuttosto bene, è nei periodi di crisi che l'ingegno delle persone dà il suoi migliori frutti e in cui si fondono discipline diverse per dare risultati nuovi. Non avrei mai potuto reggere psicologicamente questa recessione economica lavorando all'interno di un'agenzia. Come libero professionista, avendo diversi clienti e diverse collaborazioni, si respira di più.

Stefano Pedretti - sito web - linked in - facebook

Foto e elaborazione grafica di Stefano Pedretti

Foto di Stefano Pedretti
Foto di Stefano Pedretti

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