mercoledì 21 dicembre 2011

Il fotografo della Fifth Avenue - Bill Cunningham


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Durante il mio recente soggiorno a New York raccoglievo metodicamente volantini, bigletti da visita, flyer e confezioni di fiammiferi da bar e ristoranti. In questo modo non mi è stato difficile trovare qualcosa da fare, conoscere date e luoghi dei prossimi vernissage, delle inaugurazioni di negozi e scoprire la programmazione di cinema e sale da concerto. Fu così che un giorno mi sono ritrovata in tasca la locandina dell'IFC (l'International Film Center) che elencava i titoli dei documentari proiettati in quelle tiepide giornate di ottobre.
























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Per ben 13 dollari (nessuna riduzione per studente - under 26 - turista - appassionata - squattrinata), all'ingresso del vecchio multisala, ho ricevuto un biglettino con su scritto Bill Cunningham - New York.
In effetti, nella piccola sala, ho notato subito di essere l'unica under 26, a parte la giapponesina seduta accanto a me che dopo un'oretta ha abbandonato la sua poltrona.


Tra le strade perpendicolari e grige che disegnano la griglia di Manhattan, tutti sanno chi è Bill Cunningham. E' uno di quei personaggi che ha contribuito a costruire la leggenda di New York. In pochi però conoscono la sua storia per intero: omosessuale, proveniente da famiglia tanto agiata quanto cattolica, rifiutato e allontanato dal padre, Bill per non affondare nella disperazione decise di affondare nella passione per la moda e per i tessuti. Prima di scegliere la via della fotografia Cunningham aveva aperto una casa di moda con un'amica. Disegnavano cappelli. 

Da circa sessant'anni invece, Bill fotografa (inesorabilmente con macchina analogica) i pedoni della Fifth Avenue. Non tutti, solo quelli che lo meritano. Solo quelli che indossano capi d'abbigliamento stravaganti, eccentrici, che siano alla moda o controcorrente. Cunningham infatti, che oggi ha tutti i capelli bianchi ed è  fotografo di moda da diversi decenni, non ha mai scattato in una sala di posa ma sempre e solo all'aperto, tra le streets e le avenue, sfruttando la luce riflessa dai grattacieli così come le loro ombre taglienti.




Il documentario, davvero ben fatto, realizzato dai ragazzi della Zeitgeist e uscito a marzo di quest'anno, racconta in dettaglio la giornata di Bill: suona la sveglia e Bill si alza dalla sua misera brandina in un grande appartamento in un grattacelo di Manhattan. Il resto della casa è abbondantemente occupato da scaffali, cassetti e archivi di varie sembianze che hanno tutti lo scopo di conservare in modo ordinato i milioni di rullini scattati negli anni. Inforca la bicicletta (gliene hanno rubate 28 in sessanta anni), passa a ritirare le stampe al negozio di foto dietro l'angolo e poi pedala ad andatura rilassata fino all'angolo tra la 45esima e la Quinta.




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Può sembrare un pazzo, in piedi lì all'angolo, sia che nevichi sia che ci sia il sole, mentre lo sciame frenetico di persone gli passa a fianco, lo urta, lo ignora. Lui aspetta che passi il soggetto giusto (una gonna a pieghe, un foulard una borsa colorata) e rapidissimo lo fotografa. Dopo ore e ore passate così mangia un toast in un fast food e solo a fine giornata passa nella redazione di una delle molte riviste per cui ha lavorato per esaminare negativi ed eventualmente consegnarli per la stampa. Bill Cunningham non ha mai ricevuto una ricompensa in denaro per il suo lavoro di fotografo, né dai suoi soggetti, né dalle riviste.



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Il personaggio che emerge dal documentario è sì quello di un uomo leggendario, fuori dal comune ma anche quello di un uomo solo, introverso, ossessivo, fragile e dall'animo buono.
Se vi capitasse di fare un viaggio a New York e di vedere all'angolo della strada un vecchietto con una giacca blu da portantino e il berretto, che fotografa i passanti, vi prego di fermarvi, di dirgli "Hi Bill" e dargli un bacio sulla guancia da parte di Qamile Sterna.  



Al New York Times Bill ha detto di se stesso: "I STARTED photographing people on the street during World War II. I used a little box Brownie. Nothing too expensive. The problem is I'm not a good photographer. To be perfectly honest, I'm too shy. Not aggressive enough. Well, I'm not aggressive at all. I just loved to see wonderfully dressed women, and I still do. That's all there is to it".

Ecco il trailer del documentario -



Ecco due link ad articoli del New York Times che recensiscono il documentario.

domenica 11 dicembre 2011

TIBURTINA FOTOGENICA


Immagini della nuova Stazione Tiburtina: il primo hub dell’alta velocità italiana, una galleria di vetro sospesa sui binari. Essenzialità e pregio architettonico


Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna
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Il 28 novembre 2011 è stata inaugurata la nuova Stazione Tiburtina di Roma, firmata dallo Studio ABDR Architetti Associati e progettata dall'architetto Paolo Desideri. Il progetto, vincitore del concorso internazionale del 2001, punta sull’uso di materiali minimali: acciaio, alluminio, vetro, pannelli cementizi, per un risultato di grande forza estetica, ma estremamente lineare.

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna

























La nuova Stazione Tiburtina consiste in un norme parallelepipedo di vetro che sovrasta i binari della stazione e al cui interno trova spazio un boulevard urbano lungo 300 metri e largo 60, che collega i quartieri Pietralata e Nomentano. Dal soffitto scendono otto spazi sospesi, affascinanti e futuristici volumi interni. Lo spazio è particolarmente luminoso, colorato ed ampio.

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna












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La nuova stazione, dedicata a Cavour in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, è la prima di otto stazioni dell’alta velocità che apriranno nei prossimi anni a Torino, Bologna, Napoli, Reggio Emilia e Firenze. Come ha affermato anche il Presidente della Repubblica Napolitano il giorno dell'inaugurazione, la nuova stazione "è prova delle capacità innovative dell'Italia" ma rimangono ancora molte opere da realizzare tra cui la riqualificazione dell'area antistante la stazione che continua ad essere molto degradata.

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna













Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna

Stazione Tiburtina - Roma. Foto di Qamile Sterna

mercoledì 7 dicembre 2011

SETTE MILIARDI di uomini E UN FOTOGRAFO - Steve Mc Curry

Foto di Steve Mc Curry
Ho sempre trovato i ritratti di Steve McCurry, in mostra al Macro Testaccio di Roma fino ad Aprile 2011, classici, un po' banali e convenzionali. 

Nella maggior parte di questi il soggetto si trova al centro dell'inquadratura, la luce o è morbida e diffusa oppure è dura e scava le rughe del viso anziano della persona ritratta... 

Insomma, nonostante sia un fotografo celeberrimo e pluripremiato e io trovi i suoi scatti 'belli' e 'ben fatti', riesco ad accostarlo più facilmente alla figura di uno scienziato metodico che a quella di un artista, perchè i suoi ritratti descrivono l'aspetto dell'esemplare umano nelle sue più svariate forme ma senza introspezione nè malizia, cioè in modo scientifico, rigido ed esatto. 

Non vi è in essi il tentativo di cogliere un istante di tremore, un'incrinazione della maschera del soggetto, lo scemare di un'emozione o di un pensiero.
Tuttavia le fotografie di Steve McCurry mi sono balenate in testa mentre leggevo un articolo di Style del Corriere della Sera della scorsa settimana. 

 Lo scritto si incentrava sul fatto che a partire dal 31 ottobre 2011 il numero di esseri umani sulla Terra è, secondo una stima approssimativa, di 7 miliardi e che la popolazione mondiale ha impiegato più di un milione di anni per raggiungere il miliardo (nel 1804) ma solo altri duecento anni per settuplicarsi.

Secondo il giornalista, non c'era motivo di non avere una visione ottimistica della situazione attuale, dal momento che "ad ogni nuova bocca da sfamare corrisponde un cervello" e che mai il pianeta è stato occupato da una mole così imponente di massa celebrale.

Ma ciò che mia ha veramente stregato, di tutto questo discorso, è che oggi, per la prima volta, la Terra è popolata da sette miliardi di teste che ogni

Foto di Steve Mc Curry
mattina si svegliano e iniziano a pensare e che ogni sera si addormentano e cominciano a sognare. Immaginate ad ogni ora la quantità immensa di energia che viene prodotta solo per il fatto che 7 miliardi di persone hanno pensato o provato un'emozione. Immaginate l'intreccio casuale e caotico di così tanti percorsi di vita e l'impossibilità di ogni fatalismo.


Ecco, la sensazione di questo turbine in costante movimento, di questo flusso abbondantissimo di accadimenti mi ha fatto desiderare di bloccare qualche attimo di esistenza, di 'istantaneizzare' la vita, di imprigionare le sembianze di almeno qualche volto in un fotogramma, prima di farlo sfuggire di nuovo nel mondo. 

E' in questo modo che voglio guardare alle immagini di Steve McCurry, 'belle' e 'ben fatte', che in quest'ottica acquisiscono un più profondo senso di esistere ed anche una sfumatura artistica, in quanto nascono dalla necessità di raccontare l'estrema varietà del suo tempo.


Foto di Steve Mc Curry