martedì 1 novembre 2011

SURF LAND































 Al quarto piano di un palazzetto senza ascensore, nel cuore di Manhattan, tra un ristorantino thailandese e un Cafè dove una tazza di thè costa 6 dollari, è timidamente situato il Centre of Alternative Photography. Per la sera del 1 novembre il calendario prevedeva un evento gratuito: la lettura del portfolio della fotografa Joni Sternbach




Prima di dirvi che la cinquantina di persone presenti avevano tutte i capelli grigi o bianchi, gli occhiali e un'andatura incerta, devo chiarire che per 'alternative photography' i newyorchesi intendono la fotografia realizzata con la pellicola e stampata rigorosamente in camera oscura. L'avvento del digitale ha evidentemente relegato la fotografia analogica ad una ristrettissima cerchia di appassionati e attempati. Ma questo è davvero un peccato. Perchè il fascino e la corposità delle immagini che ho visto non sono riproducibili da tutti i pixel del mondo messi insieme. 

Usando il grande formato Joni Sternbach, una donna paffuta sulla cinquantina, si dedica alla fotografia da una vita. Cosa l'ha portata a ritrarre surfisti andando su e giù per East coast, West coast e circumnavigando l'Australia? Lei sostiene che siano stati i servisti a venire da lei. Ha fotografato l'oceano e il paesaggio circostante per mesi e detestava i surfisti che spuntavano come piccole macchie nelle sue fotografie per insozzarle. Finchè un giorno, all'improvviso, è catturata dalla silhouette del ragazzo all'orizzonte che imbraccia la tavola, decide di scattargli una foto. 
Inizia così un percorso, durato 5 anni (dal 2006 al 2011), in cui l'artista ha scoperto quanto i surfisti siano parte integrante del paesaggio oceanico e quanto vivano con esso in un armoniosissimo connubio. Li ha definiti come creature a metà tra il preistorico e il moderno, tra l'essere naturale e quello razionale. 
La realizzazione del progetto l'ha portata, insieme alla sua giovane assistente che in alcune fotografie sostiene la tavola da surf nascosta dietro di essa, a infiltrarsi nella "società" dei surfisti, a conoscere le loro regole, i loro usi e costumi.









 


Data la fotocamera vecchio stile e il tipo di pellicola usata, i soggetti hanno dovuto stare immoboli per diverse decine di secondi, alcuni addirittura per minuti e spesso la brezza della riva complicava le cose. Guardare queste foto sullo schermo dà solo una lontana idea della potenza delle grandi stampe e della pastosità del bianco e nero già ingiallito.
Ero l'unica sotto i 50 nella sala, ma quest vecchietti erano felici come dei ragazzini con l'ultima Nikon in mano.
Link al sito di Joni Sternbach
Video - trailer del documentario "The women and the waves" in cui sono state usate le fotografie di J.Sternbach









Nessun commento:

Posta un commento