martedì 8 novembre 2011

David Lachapelle: "Penso di essere un Work-in-Progress"

Photo - David Lachapelle
Esplorando le pile di riviste che della mia coinquilina che occupano il mio bagno di NY, ho riesumato un vecchio numero di MUSE - The Fashionart Magazine. Non potevo crederci, questa rivista è interamente bilingue, italiano e inglese, l'editor in chief nel 2007 era Fabio Corvi e viene stampata in Italia.

A pagina 88 del numero Autunno 2007, un'intervista a David Lachapelle mi ha fatto scoprire qualcosa del celeberrimo fotografo che non sapevo. Riporto qui qualche passaggio e ritaglio:

Photo - David Lachapelle
Giornalista - Quando hai iniziato lavoravi con il bianco e nero, poi il colore è diventato una delle essenze del tuo lavoro: quando è avvenuto un cambiamento tale?

Il momento in cui passai al colore fu quando mi resi conto di non avere l'HIV. Fu come togliersi un peso di dosso perchè quando avevo diciannove anni avevo visto il mio primo compagno morire di AIDS; lui ne aveva ventiquattro, per anni pensai che sarei morto nello stesso modo. Tutto era in bianco e nero all'epoca, non riuscivo a pensare a colori...ogni cosa allora mi sembrava molto seria. Le mie prime immagini di quel periodo soo in bianco e nero, sono cupe e scure; per sei anni sono andato avanti così, a stampare in camere oscure a New York. Pensavo che il mio tempo nel mondo fosse limitato. Lavoravo sodo ma con questo peso sulle spalle e ogni volta che mi sentivo male, ogni volta che tossivo o che mi trovavo un livido pensavo 'Ecco, ci siamo'. Fu quando scoprii di essere negativo al test che cominciai a lavorare con il colore, a traboccare di colore. Se ci ripenso, lo vedo con chiarezza. Allora non mi resi conto di cosa stava succedendo, che quello era il mio modo di reagire ma se guardo indietro nel tempo vedo bene che cominciai a usare il colore nello stesso periodo in cui mi resi conto che sarei vissuto.[...]
Photo - David Lachapelle


"Credo che lo scopo delle mie foto fosse di offrire una via di uscita dalla pesantezza dell'epoca in cui vivevo (Lachapelle è nato nel 1963) e del mondo in generale. Volevo fare delle foto che fossero fantastiche, che portassero chi le guardava in un altro mondo, più vivido. Cominciai con quest'idea".[...]

"Da sempre amo l'opera di Michelangelo e ne ho tratto ispirazione fin dall'inizio della mia attività. So che può sembrare strano perchè io sono quello che faceva le foto a Pamela Anderson e a Paris Hilton. Ma io mi limitavo a registrare il mondo in cui vivevo, e la gran parte di quelle foto per me era lavoro, facevo quello che potevo. A questo punto ormai, ho detto tutto quello che volevo dire in termini di cultura popolare sulle riviste e voglio produrre opere solo per le gallerie, tornando da dove ero partito, nel 1984, con la 303 Gallery.

Photo - David Lachapelle


Photo - David Lachapelle


























Fin da bambino ho sempre desiderato essere un artista, a ogni costo, non volevo diventare una specie di uomo d'affari. E questo mi ha fatto sentire autorizzato a non finire la scuola, a non seguire le lezioni di matematica, perchè fin da giovanissimo sapevo che sarei diventato un artista. Volevo lavorare solo per le gallerie e ora ricomicio da capo, dalle gallerie. Ora è l'unica cosa che io possa fare. Non sono più innamorato delle idee che avevo cinque o dieci anni fa. 
Dal 1995 al 2005 ho tentato di fotografare quante più persone potessi, volevo registrare tutto. Avevo iniziato con l'intenzione di fare a ciascuno una foto che fosse 'la' foto in grado di rappresentare la propria vita. Più tardi, al passaggio del millennio, ho tentato di fotografare il decennio e le ossessioni di quella cultura e del nostro tempo. Anche se si trattava di fantasie esagerata, quello era ciò che succedeva nel mondo".




David Lachapelle: sito1, sito2

David Lachapelle

Photo - David Lachapelle
 

















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